mercoledì 5 gennaio 2011

"il bambino senza nome" di Mark Kurzem

More about Il bambino senza nomeMark ha sempre saputo che suo padre Alex era un pastorello russo che una notte si perse nei boschi, dopo un lungo girovagare venne trovato dai soldati Lettoni e siccome il bambino, che aveva solo cinque anni, non ricordava chi era e da dove veniva lo adottarono e ne fecero la loro mascot. Il padre però ha sempre nascosto parte della sua storia, gelosamente custodita in una valigetta di pelle, storia che si incrocia con i drammi della seconda guerra mondiale, storia che lo vede testimone inerme di molte atrocità.
Il racconto inizia quando Alex decide di raccontare la verità al figlio maggiore, è alla ricerca di aiuto perché vuole ritrovare le sue vere origini e mettere un fiore sulla tomba di sua madre. La maggior parte del libro è basata su una sorta di botta e risposta, dove il padre racconta ed il figlio gli pone domande per avere maggiori dettagli. Le ricerche del passato perduto non sono facili perché si basano sui confusi ricordi di un bambino di cinque anni traumatizzato dalle troppe cose a cui ha assistito. Inoltre molti testimoni sono ormai morti o non vogliono parlare ed anche le testimonianze storiche sono contraddittorie.

Inizialmente pensavo che quella del bambino ebreo mascot delle SS fosse una storia inventata, un pretesto per raccontare una parte della seconda guerra mondiale. Lo scoprire che invece il tutto si basa su fatti realmente accaduti, che veramente il signor Alex ha assistito alla fucilazione della madre ed ha vissuto per anni tra i nemici ha cambiato il mio modo di leggere la storia. Quello che mi faceva maggiormente pena nella lettura era il senso di colpa di Alex per non aver fatto niente. Lui però era solo un bambino di cinque, una parte di lui sapeva che le persone che lo avevano salvato stavano facendo del male, ma voleva anche vivere e sapeva che poteva farlo solo grazie a loro.

Delle persone che hanno avuto un ruolo fondamentale nella vita di Alex solo due mi hanno incuriosito: il soldato che lo ha salvato dalla morte, soldato che fucilava gli ebrei sapendo di averne uno al suo fianco, ed il capofamiglia fascista che lo ha praticamente adottato. Il primo forse vedeva nel bambino la sua redenzione, dovendo forse ubbidire agli ordini ha proiettato nel bambino il suo desiderio di salvare tutte le altre persone (almeno a me piace pensare così). Poi abbiamo il copofamiglia fascista, anche per lui mi piace pensare che non approvasse la deportazione degli ebrei, ma che fosse incastrato in un ruolo.

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